Il Fondo De Mauro raddoppia

Nel giorno del 90esimo anno dalla nascita di uno dei maggiori linguisti italiani, Tullio De Mauro, il Fondo da lui inaugurato, gestito oggi dalla Rete italiana di cultura popolare e che conserva i suoi 3.400 libri in forma dialettale e in lingue di minoranza, raddoppia la sede di via Arsenale. Si passa dai 130 metri quadrati ai 280. Un’operazione voluta per poter ospitare quella parte di patrimonio librario del professore, circa 1.000 volumi, custoditi ancora oggi a Roma, a La Sapienza, dove De Mauro ha iniziato a insegnare a metà Anni ‘70. A questi, si aggiungeranno anche i libri appartenuti ad Alberto Sobrero, linguista amico di De Mauro, che sono già arrivati a Torino.

“In questo modo ricordiamo il professore, scomparso nel 2017, nel giorno che sarebbe stato del suo compleanno – racconta Antonio Damasco, direttore del De Mauro – e facciamo diventare il fondo uno dei luoghi più ricchi di letteratura dialettale del nostro Paese”. Tra le opere più importanti già custodite in via Arsenale ci sono la “Gierusalemme libberata” in ottava rima napoletana ad opera di Gabriele Fasano del 1689 e ancora l’Eneide del 1699 ad opera di Giancola Sitillo (pseudonimo di Nicola Stigliola), oltre a diverse edizioni rare di Divine commedie in dialetti e lingue di minoranza. Il nuovo spazio, che si trova nel cuore di Torino adiacente all’attuale sede, è stato messo a disposizione dalla Fondazione CRT. E oltre ad ospitare libri, sarà anche un luogo aperto ai cittadini interessati a incontrare e chiacchierare con scrittori, giornalisti, artisti e intellettuali vari.

“La parola è un qualcosa di vivo che muta nel tempo – commenta la sociologa Chiara Saraceno, presidente della Rete italiana di cultura popolare – Per questo abbiamo inaugurato ormai diversi anni fa una rassegna ‘Il Potere delle parole’, che da vita al ‘Dizionario che cura le parole’, oggi al secondo volume che raccoglie le parole, oggi oltre 40, risignificate da ospiti e intellettuali durante il ciclo, per raccontare come la lingua si trasforma e gli stessi vocaboli assumano significati diversi in base alle epoche, agli avvenimenti e alle persone che li pronunciano”.

“La cultura popolare è un valore che si moltiplica, trasmettendosi da persona a persona e di generazione in generazione nelle comunità: grazie anche alle nuove tecnologie, tuteliamo e promuoviamo questo straordinario patrimonio di saperi, che genera solidarietà, inclusione, innovazione, ed è un antidoto efficace contro il rischio di impoverimento sociale”, afferma il Presidente della Fondazione CRT Giovanni Quaglia.